La Giuria Popolare nel 2019 ha scelto i C’ammafunk, con 14.342 voti, come decima band finalista del Conad Jazz Contest. Il quintetto di Salerno formato da Roberto Santoro alla chitarra, Matteo De Vito alla batteria, Antonio Paolillo al sax contralto, Alessandro Criscuolo al basso elettrico ed Enrico Erriquez al clarinetto, attualmente ha cambiato organico e si è trasformato in un sestetto, formato sempre da Matteo De Vito e Roberto Santoro, a cui si sono aggiunti Federico Milone al sax contralto, Michele Vassallo al sax tenore, Gianmarco Capece alle tastiere e Alessandro Criscuolo al basso.
Giovanissimi (un’età media di 20 anni all’epoca del Conad Jazz Contest) e con un sound esplosivo ed energico, i C’ammafunk hanno saputo conquistarsi un posto tra i dieci gruppi finalisti e si sono aggiudicati la possibilità di calcare il palco di Umbria Jazz insieme alle altre band finaliste. Dopo il Contest la band strumentale campana ha cominciato un tour in Italia e in Europa, ospite di eventi e concerti di successo.
“Il nostro obiettivo è sempre quello di comunicare e dare al pubblico le ‘vibes’ giuste. Amiamo i momenti d’ispirazione, di libertà, i momenti jazz, in quanto ci permettono di sperimentare in tempo reale e di dialogare con il pubblico, elevando così l’atmosfera. La nostra musica si rifà senz’altro alle tendenze moderne d’oltreoceano. Alla base c’è sempre la contaminazione, basti pensare all’utilizzo di synth, drum machine, fiati effettati/processati e chitarre dal suono ‘crunchy’. Ovviamente, il groove ed il bounce sono le prime cose a cui miriamo!” afferma Matteo.
Li abbiamo intervistati e un grande entusiasmo traspare dalle loro parole. Siamo certi che sia proprio questo il giusto atteggiamento per potersi affermare nel panorama musicale!
Raccontateci la vostra storia! Quando avete cominciato a suonare insieme?
“Il nostro percorso – seppur ancora breve – inizia nell’estate del 2018. Il tutto nasce dall’esigenza del nostro chitarrista Roberto e del nostro bassista Alessandro di formare un quartetto funk “occasionale” per un evento programmato nel periodo estivo a Baronissi. Per completare quindi l’organico, i ragazzi decisero di coinvolgere me alla batteria ed Antonio Paolillo al sax contralto. Il tutto partì con molta leggerezza perché ci fu subito una grande sinergia (eravamo già amici di vecchia data) e quindi va da sé che l’inizio… diciamo… fu immediato!
In ogni caso – con il passare del tempo e con la nascita di nuove esigenze – il gruppo da quartetto si è ampliato in sestetto, attuando diversi cambi organici e strumentali. Così facendo, ad oggi nel 2022, abbiamo raggiunto una “quadra” – a quanto pare definitiva! – in quanto compiaciuti dalle possibilità stilistiche e sonore disponibili e dall’intesa e modo di lavorare che c’è nell’aria; aspetti essenziali ai fini di un percorso fruttuoso. Frutto quindi di questa intesa e voglia di crescere, è il nostro primo disco – intitolato “Bouncing” – che uscirà a breve con la IRMA Records di Bologna”.
Qual è il vostro background artistico?
“Parlando del background artistico, attingiamo da influenze e da stili variegati tra loro, scaturite appunto dai singoli percorsi formativi di ognuno. Tutti però dimostriamo una forte passione, direi “amore” per il jazz e per ciò che ha significato e significa tutt’oggi. Va da sé poi, considerato il nome del gruppo, la forte passione che ci accomuna per la musica funk!
Tornando alle differenze di percorso e alle differenze stilistiche fra di noi, personalmente credo che questo aspetto in realtà sia un punto di forza, soprattutto in ambito compositivo ed improvvisativo.
Questo perché si ha la possibilità di ottenere, in aggiunta alle caratteristiche e alle condizioni “timbriche” tipiche del funk (dei presupposti musicali non trascurabili direi), un carattere variegato e personale, che a quanto pare (feedback esterni), risulta d’impatto!”.
Qual è il riconoscimento che fino ad ora vi ha più gratificato, sia come band sia come singoli musicisti?
“Dopo questi ultimi due anni di pandemia e completo lockdown, soprattutto qui in Italia, direi che il riconoscimento più grande è senza ombra di dubbio la possibilità che abbiamo avuto di far ascoltare la nostra musica anche all’estero.
Come dire, non potevamo pensare ad una ripresa migliore! Esser riusciti a partire, per la prima volta a marzo 2022, per un tour di dieci giorni all’estero (interamente organizzato da noi) e tornare in Italia con feedback positivi, e nuovi “followers”, è stata di sicuro una grande soddisfazione. Questa penso sia una delle cose più appaganti per un progetto ancora “emergente”, quale il nostro e per noi musicisti che ne facciamo parte”.
Come è nata la passione per la musica jazz?
“Ritengo che qualsiasi artista o aspirante tale, debba prima o poi “passare” per il jazz, cogliendo i suoi aspetti formali ed estetici in quanto si pone come la “mamma” di tutta la musica del ‘900.
Per quanto mi riguarda, prima di pensare alla passione per il jazz, direi che ciò che mi ha spinto ad esso è stato proprio il concetto “libero” di improvvisazione estemporanea con musicisti con i quali non avevo mai condiviso il palco, o semplicemente, la sala prove, questo durante il periodo liceale.
Quindi posso dire che sono stato spinto forse da un “inner urge” che mi ha avvicinato sempre più a questa musica, i cui concetti estetici profondamente caratteristici, mi hanno affascinato fin da subito”.
Il jazz è il vostro unico genere o ascoltate anche altro? E se sì, cosa?
“Oltre al jazz, l’altro nostro focus direi è senz’altro il funk. Stile musicale dalle mille sfaccettature che ha influenzato una miriade di altri stili fino alla nascita di infiniti sottogeneri nel corso degli ultimi 50 anni. Una delle cose che più ci affascina, al di là dei caratteri musicali, è la “good vibe” o “feel-good” energy che ne deriva, ed è per questo che è stato un genere che ha spopolato ed avuto milioni di seguaci in tutto il mondo”.
Oggi dire qualcosa di nuovo nell’affollato mondo espressivo del jazz è molto difficile. Come vi differenziate dalle altre band? La vostra ricerca e sperimentazione artistica verso cosa si muove?
“Beh, senz’altro, l’oggetto di questa domanda porta con sé molta verità. Con il cambiare della società e degli stili/costumi, non considerando lo sviluppo delle nuove tecnologie, il mondo è diventato sempre più “affollato” e veloce! Ciò non deve essere visto come un fattore negativo, anzi… ma di certo lo spazio per emergere e soprattutto l’originalità vengono sempre meno.
Parlando di noi, C’ammafunk, direi che ricerca e sperimentazione sono quotidiane – oltre al presupposto ormai scontato di mettere il proprio contributo in questo progetto da parte di tutti. È importante anche saper leggere la realtà e quindi il feedback di chi muove il mercato, ovvero il pubblico! Il che non vuol dire “diventare commerciali”.
Riuscire a trovare una chiave attraverso la sperimentazione, ma allo stesso tempo un punto d’incontro tra band (noi) e pubblico, ritengo sia una vittoria ardua da conquistare e da far durare.
Partendo da questo concetto, abbiamo quindi lavorato in primis su di noi e di conseguenza sulla nuova musica confluita in Bouncing, musica che avrete presto modo di ascoltare”.
Quali sono i vostri riferimenti stilistici in ambito jazz e quali sono i musicisti del panorama contemporaneo a cui vi sentite più ispirati?
“I riferimenti sono molteplici, basti pensare alla miriade di musicisti che nel corso del ‘900 hanno lasciato il proprio segno in questa musica. Di sicuro, considerando la storia del funk, attingiamo molto dalle Big Band storiche americane quali quella di Ellington e Basie fino ad arrivare allo stravolgente organico dei JB’s, Tower of Power o più avanti degli Earth, Wind & Fire. Ensemble direi stratosferici, composti da musicisti virtuosi del loro strumento e profondi conoscitori della musica. Venendo ad oggi, i gruppi principali cui facciamo riferimento sono i Lettuce ed i Ghost-Note, band composte da musicisti del panorama internazionale con ormai alle spalle decine di produzioni e tour in tutto il mondo”.
L’album che vi è piaciuto di più del 2021?
“Resonate dei Lettuce”.
Come fa oggi un musicista o una band indipendente a sopravvivere?
“Nel mondo di oggi, una band emergente si trova di fronte ad una realtà fugace, dispendiosa. Di sicuro, i tempi delle produzioni ed investimenti da parte di compagnie discografiche o da produttori sono tramontati.
Oggi imporsi sul mercato dal nulla è abbastanza difficile. Ma con la voglia di fare e la giusta dedizione, la montagna si fa meno ripida! Molto importante poi, è anche la possibilità economica, il tanto citato “fondo cassa”, in quanto ti consente di essere sempre produttivo discograficamente parlando il che, oggi come oggi, risulta essenziale.
Ovviamente questa risposta, è frutto della nostra esperienza finora acquisita nel mercato musicale e quindi di sicuro non ha una “veridicità” assoluta. Ribadisco, a rendere il tutto meno in salita è di sicuro lo spirito di intraprendenza e la capacità di “vendersi”, così come la capacità di riuscire a “comunicare” con il pubblico non solo dal punto di vista musicale”.
C’è spazio e interesse in Italia per il vostro genere musicale? E com’è invece la situazione all’estero?
“Dopo l’esperienza di marzo all’estero, direi che forse questo progetto sembrerebbe più adatto fuori, anziché qui in Italia. Resta il fatto che ritengo sia comunque doveroso ed essenziale affermarsi prima nel proprio Paese d’origine in modo da avere una spinta in più una volta deciso di intraprendere un nuovo percorso altrove”.
Cosa vi ha portato a iscrivervi al Conad Jazz Contest e com’è stato competere con altri ragazzi che condividono la vostra stessa passione?
“Il fatto di avere la possibilità di confrontarsi con altrettante realtà nazionali, ci ha spinto nel 2019 di iscriverci al Conad Jazz Contest ad Umbria Jazz. Dal Contest e in generale da tutto l’ambiente di Umbria Jazz, abbiamo tratto moltissime cose che ci hanno portato a crescere e a maturare su diversi aspetti. È stato emozionante in quanto la SANA competizione ritengo sia importante nella vita. Quindi, il fatto di poter ascoltare e conoscere nuove band e musicisti, è stata una grande opportunità di crescita”.
Come valutate la vostra esperienza a Umbria Jazz e cosa è accaduto dopo la vittoria?
“In definitiva, valutiamo la nostra esperienza ad Umbria Jazz 2019 con il massimo dei voti! E come si può immaginare, al nostro rientro a Salerno, siamo stati accolti e acclamati da tutti i nostri supporters e colleghi musicisti per il risultato ottenuto”.
Consigliereste ad altre band di partecipare? “Assolutamente si!”.