È una bella soddisfazione vedere giovani musicisti che si affermano nel difficile panorama jazz contemporaneo anche grazie ad un Contest che nasce proprio per dare loro spazio e visibilità.
È questo il caso della giovane violinista Anais Drago, finalista del Conad Jazz Contest 2019.
Nata a Biella nel ’93, Anais inizia lo studio dello strumento a soli 3 anni e mezzo e questa sarà una costante che l’accompagnerà fino ad oggi. “Per mia natura non nutro certezze quasi su nulla, tranne che su una cosa: quando suono sto bene davvero”, afferma. Una scelta che già inizia a dare i suoi frutti.
Anais Drago, infatti, proprio quest’anno si è aggiudicata il Top Jazz nella categoria “nuove proposte” da parte della rivista Musica Jazz. Ha già all’attivo la pubblicazione di due album come leader: “Anais Drago & The Jellyfish” (edito da Another Music Records, nel 2018) e “Solitudo” (edito da CAM Jazz, nel 2021).
Nonostante la giovane età si è già esibita nei principali festival jazz in Italia e all’estero: Umbria Jazz, JazzMi, Fano Jazz, Una striscia di Terra Feconda, Torino Jazz, Bergamo Jazz, Casa del Jazz di Roma, Jazz italiano per le terre del sisma, Canal Street Festival (Norvegia), Edinburgh Jazz&Blues Festival, Teatro Nazionale di Bratislava, solo per citare i principali. Ma andiamo a conoscerla meglio.
Ci racconti la tua storia? Qual è il tuo background artistico?
“Ho iniziato a studiare musica da piccolissima, ho seguito il percorso accademico sino al diploma di violino. Conclusosi questo percorso ho incontrato il jazz e ne sono rimasta stregata, così ho dedicato gli ultimi dieci anni della mia vita allo studio dell’improvvisazione, in senso jazzistico ma, col passare del tempo, non solo. Nel frattempo ho preso una seconda laurea, questa volta in composizione jazz, e continuando a suonare nei più svariati ambiti musicali, dal pop al rock passando per le musiche tradizionali, ho scoperto sul campo cosa voglia dire vivere di e con la musica. Ho iniziato a incidere dischi, miei e di altri, e sono fermamente convinta di essere solo all’inizio di una meravigliosa avventura. Ora la mia attività musicale ruota attorno al jazz, alla sperimentazione, all’improvvisazione libera, ma in progetti in cui sono coinvolta come side-musician mantengo un rapporto più legati al jazz tradizionale, alla world music e a molti altri generi”.
Qual è il riconoscimento che fino ad ora ti ha più gratificato? Come abbiamo detto prima, ti sei aggiudicata il riconoscimento come “Miglior nuovo talento italiano”, uno dei premi più ambiti del Top Jazz. Cosa ne pensi?
“Il premio del Top Jazz è arrivato in un momento estremamente importante e prolifico, dopo aver svolto un tour di concerti col premio Taste of Jazz/NUOVO IMAIE e l’aver pubblicato un disco in solo. Sono infinitamente grata a tutti coloro che contribuiscono a queste importanti tappe del percorso di un musicista, e orgogliosa di aver conquistato un riconoscimento tale nonostante il background di studi ed esperienze molto poco lineare e non votato al jazz in senso più stretto”.
Come è nata la passione per la musica jazz?
“Più che una passione è nata una sfida, tra me stessa: il jazz rappresentava un mondo musicale, un punto di vista dal quale non avevo mai considerato di poter osservare e vivere la musica. Una volta immersa in quel mondo però, la sfida si è trasformata in vera gioia e passione per la grande libertà di questa musica. Del jazz ciò che amo in particolare è il dinamismo”.
Il jazz è il tuo unico genere o ascolti anche altro? E se sì, cosa?
“Non ascolto affatto solo jazz, direi che non ascolto nessun genere più di altri. L’ascolto della musica per me viaggia in maniera trasversale sia tra i generi che tra le epoche”.
Oggi dire qualcosa di nuovo nell’affollato mondo espressivo del jazz è molto difficile. Come ti differenzi dagli altri musicisti? La tua ricerca e sperimentazione artistica verso cosa si muove?
“La mia ricerca è indissolubilmente legata al mio strumento. Cerco di riportare sul violino tutto quello che vivo, tutte le esperienze e le suggestioni (anche provenienti da altri linguaggi artistici ed espressivi). Inoltre, studio moltissimo, nonostante uno pensi che ci sia un tempo per studiare ed uno per agire. Io continuo a studiare, ed il mio più grande obiettivo è quello di continuare ad avere i mezzi e le possibilità per farlo!”.
Quali sono i tuoi riferimenti stilistici in ambito jazz e quali sono i musicisti del panorama contemporaneo a cui ti senti più ispirata?
“Non ho una risposta unica e definitiva. I miei modelli musicali cambiano in continuazione e qualsiasi cosa mi risulti nuova all’ascolto, anche se si trattasse di Monteverdi, è per me un modello da perseguire che mi apre porte fino a quel momento chiuse. Mi piace molto farmi ispirare dai musicisti che conosco nella vita vera, personalmente. Questo mi aiuta ad arricchire di significati la musica che ascolto. Ultimamente ho approfondito molto il periodo delle avanguardie novecentesche, specie il movimento minimalista americano, e mi piace ascoltare i lavori dei musicisti italiani a me contemporanei”.
Come fa oggi un musicista o una band indipendente a sopravvivere?
“Non credo ci sia risposta univoca. L’impegno, la dedizione sono alla base del successo in ogni campo. Poi però c’è il mondo esterno, sul quale non abbiamo potere, e sta a noi andare alla ricerca delle proposte e offerte che possono sposarsi con la nostra idea artistica. Questo vuol dire essere pronti a conoscere, scoprire, viaggiare, spostarsi. Mettersi sempre in discussione”.
C’è spazio e interesse in Italia per il tuo genere musicale? E com’è invece la situazione all’estero?
“Mi sento estremamente fortunata ad aver preso parte a moltissime rassegne e festival in tutta Italia, in questo ultimo anno e mezzo, quindi per forza il mio giudizio a riguardo è positivo. La speranza è che, compatibilmente con le necessità tecniche, logistiche, burocratiche e di comunicazione, ci sia sempre meno bisogno di catalogare tramite etichette la musica (e l’arte), e che ogni luogo di fruizione dei linguaggi artistici possa comprendere il vecchio e il nuovo, il classico ed il moderno, la tradizione e l’innovazione. In alcuni casi, anche all’estero, questo avviene già, e spero sia una tendenza verso la quale orientarci tutti!”.
Parlando nello specifico del Contest: cosa ti ha portato a iscriverti al Conad Jazz Contest?
“Un bel concorso, soprattutto se inserito all’interno di un festival di prestigio come Umbria Jazz ha in sé la risposta. L’ho reputata un’ottima occasione artistica e personale, al di là del risultato finale eventuale”.
Come è stato competere con altri ragazzi che condividono la tua stessa passione?
“Il ricordo migliore è pensare che la maggior parte dei musicisti che con me quell’anno si contendevano il primo posto sono brillanti musicisti che stanno portando avanti, ognuno in modi e luoghi diversi, una carriera artistica assai pregevole. Con alcuni di loro ho avuto (e ho anche tutt’ora) il piacere di suonare e collaborare”.
Come valuti la tua esperienza a Umbria Jazz e cosa è accaduto dopo?
“Dopo il Conad Jazz Contest, ahimè, è arrivata giusto giusto una pandemia! Ironia a parte, è stato un periodo seriamente critico per tutti i musicisti, gli artisti e per chi, in questo mondo, è coinvolto e ci lavora. Personalmente, è stato anche il momento in cui d’altro canto ho fatto germogliare idee e pensieri, confluiti in un secondo lavoro discografico a mio nome ed in una maturazione a 360 gradi del cosa significhi per me fare musica”.
Consiglieresti ad altri musicisti di partecipare?
“Assolutamente sì”.
È stato annunciato che quest’anno ti esibirai nuovamente a Perugia, durante i giorni del Festival, con il trio gipsy jazz Accordi Disaccordi. Quando potremo vedervi all’opera?
“Suonerò con Accordi Disaccordi tutti i giorni dall’8 al 16 al Restaurant stage dell’Arena Santa giuliana in orario pre-concerto ufficiale, più durante i pranzi alla Bottega del Vino. In più, sempre a UJ presenterò il mio solo “Solitudo” sabato 9 alla Galleria nazionale dell’Umbria, Sala Podiani alle 15:30”.
Come sei entrata in contatto con la band? Come è nata questa collaborazione?
“Conosco Accordi Disaccordi da molto tempo, essendo pressoché ‘vicini di casa’ (loro sono di base a Torino). Dopo essserci incrociati qualche volta in occasione di rassegne e festival nelle quali suonavo anche io con altri progetti mi hanno invitata a fare le prime date con loro e l’intesa è stata grande, soprattutto per il loro repertorio originale, che mi da modo di esprimermi musicalmente in un modo molto diverso dall’approccio che utilizzo nei miei progetti come leader, che esplorano sonorità molto lontane, ma entrambe molto rappresentative della sottoscritta.
Nel giugno dello scorso anno ho inciso nel loro nuovo album “Decanter”, che è stato presentato ufficialmente al Blue Note di Milano in settembre (data nella quale ero presente anche io). Durante tutto il 2021 sono più volte stata ospite del trio, fino all’invito per Umbria Jazz Winter a Orvieto per il capodanno 2021 (purtroppo poi saltato all’ultimo per problematiche relative al covid) e per Umbria Jazz 2022”.