Intervista ai vincitori del Conad Jazz Contest 2019: Michelangelo Scandroglio Group
Nel 2019 si è aggiudicato il 1° posto assoluto di Conad Jazz Contest il contrabbassista toscano Michelangelo Scandroglio, affiancato dai musicisti Luca Caruso alla batteria, Nico Tangherlini al piano, Nicola Caminiti al sax e Paolo Petrecca alla tromba.
La Giuria Artistica, chiamata a scegliere il gruppo più talentuoso tra le 10 realtà selezionate per la finale, per l’ottava edizione del 2019 ha dato la sua preferenza al Michelangelo Scandroglio Group “per le ottime capacità strumentali sia tecniche che di personalità artistica dei singoli elementi. Capacità ampiamente confermate nella esibizione dal vivo, che ha evidenziato la coesione, l’originalità e l’attualità della proposta”.
Con la vittoria la band si è aggiudicata un premio in denaro del valore di 5.000 euro, la possibilità di suonare nei mesi successivi alla vittoria a “Il Jazz italiano per L’Aquila”, uno dei più grandi eventi jazzistici in Italia e, grazie alla collaborazione con la Federazione Nazionale Il Jazz Italiano, è andata in tour nei migliori jazz club d’Italia, chiudendo poi l’anno con l’esibizione a Umbria Jazz Winter #27.
Ma cosa è successo nei tre anni dopo la vittoria del Conad Jazz Contest? Nel 2020 Michelangelo Scandroglio pubblica, per l’etichetta discografica AUAND, “In the Eyes of the Whale”, il suo primo album come leader e compositore. Nell’autunno 2019 il progetto vince il bando “Nuova Generazione jazz”, indetto da I-Jazz e sostenuto da MiBAC (Ministero dei beni e delle attività culturali), a cui sono seguiti concerti nelle rassegne, nei club e nei festival di prestigiose istituzioni e città italiane ed europee “Italian Jazz Days”, showcase annuali, residenze e progetti artistici.
Insomma, tanti bei riconoscimenti e grandi soddisfazioni per il giovane contrabbassista di Grosseto che si aggiungono a quanto già fatto prima di partecipare al Conad Jazz Contest. Nel 2018 infatti, appena ventenne, Michelangelo Scandroglio è stato uno dei vincitori del “Riga International Jazz Bass Competition”, dove, oltre al premio, ha ricevuto un invito ufficiale per suonare al Beijing Jazz Festival. Sempre nello stesso anno ha ricevuto il prestigioso premio “Tomorrow’s Jazz”, come uno dei migliori giovani talenti del jazz italiano. Nel 2019 vince “AIR 2020”, il bando nazionale ideato da MIDJ e sostenuto da SIAE, finalizzato a incentivare la crescita del jazz italiano attraverso la creazione di una rete di residenze per giovani artisti in collaborazione con le Ambasciate italiane, gli Istituti italiani di Cultura e i Consolati esteri in Europa e nel mondo.
Venticinque anni e tanti riconoscimenti raggiunti. Il giovane contrabbassista è ormai di fatto uno dei nomi della nuova generazione da seguire. Conosciamolo meglio con la sua intervista.
Ci racconti la storia del tuo quintetto? Quando avete cominciato a suonare insieme?
“Tutti noi abbiamo frequentato per molti anni i seminari estivi di Siena Jazz, un’esperienza unica dove siamo entrati in contatto con i nostri idoli musicali (Ambrose Akimunsire, Enrico Rava, Aaron Parks e molti altri) e abbiamo avuto la possibilità di suonare con loro. Da quando avevamo diciassette anni ci siamo trovati anno dopo anno e abbiamo avuto modo di suonare molto insieme, abbiamo da sempre avuto una visione musicale condivisa”.
Qual è il tuo background artistico?
“I Beatles hanno avuto sicuramente un impatto fondamentale sulla mia vita da subito. Tutt’ora mi sorprendono e riscopro sfumature nuove. Prima di entrare in contatto con il jazz ho suonato molto blues e rock”.
Qual è il riconoscimento che fino ad ora ti ha più gratificato?
“La vittoria del Conad jazz Contest è stata una bellissima esperienza che non scorderò mai. La scorsa estate abbiamo avuto anche un altro riconoscimento importante vincendo la Getxo International Jazz Competition in Spagna”.
Come è nata la passione per la musica jazz? Il jazz è il tuo unico genere o ascolti anche altro?
“Mio padre nonostante non sia un musicista ha sempre avuto una grandissima passione per la musica ed in particolare per Bill Evans. Sono cresciuto con la versione di “How deep is the Ocean” nell’album Explorations. E poi anche l’incontro con il sassofonista Stefano Cantini è stato fondamentale per me, è stato lui che mi ha guidato nella scoperta della musica jazz. Mi piace ascoltare tutto e non amo la suddivisione in generi. I miei musicisti preferiti al momento, escludendo quelli che gravitano nel panorama jazzistico, sono Kendrick Lamar, Rachmaninov, Tyler the Creator, Prokofiev e Mahler”.
Oggi dire qualcosa di nuovo nel jazz è molto difficile. Come ti differenzi dagli altri musicisti? La tua ricerca e sperimentazione artistica verso cosa si muove?
“Mi sono sempre sentito molto vicino alla famosa frase di Massimo Urbani: ‘L’avanguardia sta nei sentimenti’. Credo che sia importante trovare il modo di comunicare la propria visione in maniera pura e libera dai vincoli di mercato e sempre con rispetto verso i grandi maestri del passato. È una ricerca continua e la musica è la manifestazione di questo percorso. L’onestà verso se stessi e verso ciò che si vuole esprimere è la chiave dell’originalità”.
Quali sono i tuoi riferimenti stilistici in ambito jazz e quali sono i musicisti del panorama contemporaneo a cui ti senti più ispirato?
“Sono un grande appassionato di John Coltrane, Bill Evans, Miles Davis, Charles Mingus, Dexter Gordon, Jaco Pastorius ma la lista potrebbe continuare ore. Nel panorama contemporaneo mi piacciono molto: Ambrose Akimunsire, Ben Wendel, Petter Eldh, Enrico Rava, Aaron Parks, Joel Ross, Gerald Clayton, Flying Lotus, Kiefer, Logan Richardson, Pedro Martins e Avishai Cohen”.
L’album che ti è piaciuto di più del 2021?
“Probabilmente ‘Human’ di Shai Maestro, uscito per ECM”.
C’è spazio e interesse in Italia per questo genere musicale? E com’è invece la situazione all’estero?
“Credo che l’interesse in Italia per le nuove proposte stia leggermente crescendo anno dopo anno. Gli spazi che però i festival italiani danno ai musicisti emergenti sono pochissimi e molto al di sotto della media mondiale. Preferiscono spesso dare spazio a musicisti o formazioni già affermate. Mi confronto spesso con amici e musicisti stranieri e devo dire che negli altri paesi c’è tutta un’altra concezione. In UK o in Olanda per esempio spesso le nuove generazioni vengono messe come headliner di festival importanti e viene investito denaro e tempo per la loro crescita. Non a caso, i nuovi artisti e i musicisti che portano la bandiera dell’Europa nel mondo sono quasi tutti appartenenti a quei paesi che hanno investito su di loro”.
Cosa ti ha portato a iscriverti al Conad Jazz Contest e com’è stato competere con altri ragazzi che condividono la tua stessa passione?
“La voglia di mettermi alla prova in una competizione di alto livello. La competizione non ha niente a vedere con la musica. È stato molto stimolante però ascoltare e confrontarsi con formazioni da tutta Italia”.