Ancora un appuntamento con i protagonisti del Conad Jazz Contest: oggi intervistiamo Francesco Bettini, membro storico della Giuria Tecnica, chiamata a selezionare 9 dei 10 finalisti che si esibiranno live sul palco di Umbria Jazz e direttore artistico del Jazz Club Ferrara e del Bologna Jazz Festival.
Ecco cosa ci ha raccontato:
Una carriera brillante nel jazz, che le è “capitato” mentre faceva altro. Come si è avvicinato alla musica jazz e qual è stato il momento in cui ha capito che era quella la sua strada?
In effetti avevo poco più di venti anni, studiavo Conservazione dei Beni Culturali e lavoravo a bottega di restauro, ma è anche vero che già ascoltavo parecchia musica, molto jazz e che suonavo amatorialmente il sassofono. Si sono semplicemente create le condizioni. Il Jazz Club Ferrara negli anni ‘90 era particolarmente attivo, così mi proposi in qualità di volontario e da lì, svolgendo praticamente tutti i lavori della filiera produttiva, grazie alle esperienze acquisite, mi sono ritrovato a gestire la nuova sede dell’associazione. All’inizio si facevano concerti di musicisti prevalentemente locali, utilizzando la maggior parte dei finanziamenti che ci supportavano per i concerti al Teatro Comunale, poi l’attività di club nel giro di un paio di anni è cresciuta, potemmo utilizzare la sala più grande al primo piano, finalmente messa in agibilità, e potendo ospitare fino a 200 persone, concentrammo lì l’intera programmazione, internazionalizzandola. Aver partecipato alla genesi del jazz club ed esserne stato direttamente coinvolto fin dai primi passi, intuendone gli sviluppi, quello è stato il momento in cui ho capito che la strada era segnata.
Che rapporto ha oggi con il jazz? Cosa le piace e perché? Cosa vede nel suo futuro in chiave jazz?
È il mio lavoro, abbraccia e caratterizza quasi completamente ogni mia giornata. Attorno alla mia attività, oggi estesa anche al Bologna Jazz Festival, ruotano alcune delle mie più importanti amicizie. Si è generata una vera e propria comunità di persone che assieme proiettano le proprie idee e che soprattutto si divertono facendo quello che fanno. Ogni singolo concerto ha una sua storia, che in genere si conclude con la performance e con l’hanging finale.
Questo essere sempre differente e stimolante è l’aspetto più rilevante di questa professione, quello che non ti fa sentire la stanchezza e che ti procura piacere. Dopo 25 anni di Torrione e quasi 20 di Bologna Jazz Festival, ho varcato la metà del mio percorso professionale e guardando al futuro, vorrei solo che si creino le condizioni perché un giorno, non troppo lontano, io possa passare il testimone di questa bella esperienza artistica, umana e lavorativa a chi saprà portarla avanti con la stessa passione e visione.
Lei è tra i membri più storici della giuria Tecnica del Conad Jazz Contest. È la giuria che seleziona 9 dei 10 finalisti che saranno poi chiamati ad esibirsi sul palco di Umbria Jazz. Cosa le piace di più di questo suo ruolo nel Conad Jazz Contest?
Il fatto di tenersi aggiornati sull’approccio alla musica delle giovani generazioni. Ritengo sia molto importante capire quali siano i riferimenti estetici dei ventenni di oggi e in che modo attingano ai materiali della loro contemporaneità e li plasmino attraverso il potere trasformativo del jazz.
Dicevamo che la giuria Tecnica ha il compito di selezionare 9 dei 10 finalisti del concorso. Quali sono i suoi personali criteri di giudizio? Cosa deve avere un jazzista per meritare il suo voto?
Deve essere preparato, conoscere la tradizione, ma non essere solo derivativo, dimostrare di avere personalità, umiltà e idee. Aver compreso che il jazz non è solo un linguaggio musicale, ma anche il modo in cui ci si pone nella vita, un certo sense of humor, l’attitudine a scovare la relazione tra le cose, la rapidità di intuizione, l’interazione istantanea con lo spazio, il tempo, il mondo circostante.
Ha dei consigli per i partecipanti del Contest di quest’anno? Qualcosa che vorrebbe sentire di più tra i concorrenti?
Vorrei solamente percepire attraverso la loro musica che siano sinceramente loro stessi.