Intervista a Evita Polidoro dei Nerovivo, band finalista nel 2019
Nerovivo è un progetto che nasce dall’incontro tra Evita Polidoro (composizioni, batteria e voce), Davide Strangi (chitarra e voce) e Nicolò Faraglia (chitarra) nell’ambito di Siena Jazz e si basa sull’importanza e sulla scelta del suono. L’ascolto e la sperimentazione sono alla base del trio, poiché la formazione inusuale spinge alla ricerca timbrica e compositiva.
La sua leader, Evita Polidoro, nasce a Sesto S. Giovanni nel 1995, inizia a studiare pianoforte in giovane età e nel 2009 si diploma in teoria e solfeggio al conservatorio di Torino. Trasferitasi sul Lago Maggiore inizia ad avvicinarsi alla batteria. Tra il 2011 e il 2014 vince concorsi nazionali e internazionali. Nel 2017 arriva con la band Rumor in diretta su Rai 1 per Sanremo Giovani. Dal 2015 al 2018 si trasferisce a Siena e frequenta il triennio accademico alla Fondazione Siena Jazz dove studia con Fabrizio Sferra e Alessandro Paternesi.
L’estate del 2021 si rivela un tripudio di sorprese poiché viene scelta per accompagnare il tour italiano di Dee Dee Bridgewater e, infine, chiamata da Miguel Zenon in sostituzione di Nasheet Waits per il concerto targato Siena Jazz con Shai Maestro, Avishai Cohen e Matt Penman al rettorato di Siena. È stata nuovamente in tour con Dee Dee Bridgewater nella primavera del 2022 con la quale ha concluso la serie di concerti al Ronnie Scott’s di Londra. Ma conosciamo meglio i Nerovivo, tramite le parole della sua leader Evita Polidoro.
Ci racconti la vostra storia? Quando avete cominciato a suonare insieme?
“Il progetto è nato nel 2018, circa. Conoscevo già Davide e Nicolò, avendo frequentato lo stesso triennio a Siena Jazz, ed essendo loro fan e fissata con chitarre e pedali, ho proposto loro di provare a suonare qualcosa che avevo appena partorito. È stata la mia prima definitiva esperienza da band leader, non avevo mai scritto troppa musica prima, ma stava diventando una vera e propria necessità. È stato molto più semplice di quanto pensassi, essendo loro dotati di una grande sensibilità ed estro artistico, tecnico. Sono riusciti ad apportare la loro grande identità dentro qualcosa che non appartenesse loro in prima persona e il suono raggiunto è stato proprio quello che avevo nella mia testa. Sono veramente grata di poter condividere la mia musica con due amici cari e musicisti incredibili!”.
Qual è il vostro background artistico?
“Siamo tre musicisti molto diversi, ma siamo accomunati da esperienze precedenti più nell’ambito pop/rock/cantautorale. Ho avuto una band per anni sul Lago Maggiore con la quale ho girato un bel po’ lo stivale e partecipato a vari concorsi, tra cui Sanremo Giovani nel 2015. Sì, ho un passato da vera e propria “rockettara”, anche se non penso vada ancora di moda come termine nel 2022”. Ride, poi continua: “Ho militato in band grunge, indie rock, ecc… Il jazz è arrivato anni e anni dopo”.
Qual è il riconoscimento che fino ad ora vi ha più gratificato sia come band sia come singoli musicisti?
“Sono sempre grata di suonare in bei contesti con un pubblico attento e caloroso. Mi sento fortunata di aver potuto condividere palchi con musicisti incredibili. Al primo posto metto per forza la storica Dee Dee Bridgewater con la quale ho fatto due tournée, la prima l’estate scorsa e la seconda recentemente, nel mese di aprile. Poi sicuramente porto nel cuore l’apertura al concerto di uno dei miei trii preferiti, quello di Jakob Bro con Thomas Morgan e Joey Baron. Eravamo alla Sala Vanni di Firenze, qualche annetto fa. Emozione unica poter parlare e ascoltare uno dei miei batteristi viventi preferiti. Anche andare in diretta in prima serata su Rai 1 per Sanremo Giovani è stato assurdo e divertente: lo rifarei! Ho vinto concorsi in passato, sia da pianista che da batterista, ma l’adrenalina che si prova per un concerto è proprio tutt’altra storia! Come band purtroppo non abbiamo ancora fatto tanto, per mancanza di tempo e sicuramente per colpa mia, che fatico a stare dietro a tutte le varie cose che mi succedono (sono una pessima leader). Sicuramente arrivare tra i finalisti del Conad Jazz Contest è stato super, suonavamo insieme da non molto tempo! Abbiamo suonato a L’Aquila per “Il Jazz per le terre del sisma” e abbiamo aperto il concerto di Frontal di Simone Graziano alla Sala Vanni di Firenze. Per l’estate sono previste un po’ di belle cosine, finalmente!”.
Come è nata la passione per la musica jazz?
“In casa mia non si ascoltava molto, non è mai stato sicuramente il “genere” prevalente tra le nostre mura. È arrivato anni e anni dopo, verso la fine delle scuole superiori, quando ho iniziato ad andare a lezione da Riccardo Chiaberta, un giovane batterista della mia zona. Mi ha aperto gli occhi (e le orecchie) verso un mondo tutto nuovo, non avevo troppa idea di come funzionasse. Poi l’anno dopo mi ha consigliato di iscrivermi al Siena Jazz, non avevo minimamente aspettative di entrare, ma alla fine è andata bene e il triennio mi ha completamente cambiato la vita. Umanamente, musicalmente e artisticamente sono cresciuta tantissimo e il jazz è entrato ufficialmente a far parte della mia vita fin dal primo anno accademico e continua ad esserci, anche se – talvolta – a piccole dosi”.
Il jazz è il vostro unico genere o ascoltate anche altro? E se sì, cosa?
“Sorrido perché in realtà è un genere che trascuro e ho sempre trascurato. Mi sento ignorantissi(missimissi)ma in materia. Ascolto anche tutt’altro, prevalentemente rock, elettronica, ambient e ultimamente sono fissata con band post-punk/new wave e con la musica drill/trap/hip hop. Come sempre sembra una frase fatta, ma ascolto un po’ di tutto per davvero, l’importante è che sia fatta bene, poi va bene qualsiasi cosa!”.
Oggi dire qualcosa di nuovo nell’affollato mondo espressivo del jazz è molto difficile. Come vi differenziate dalle altre band? La vostra ricerca e sperimentazione artistica verso cosa si muove?
“Non mi va di etichettarci, non mi va di forzarmi di scrivere musica “piaciona” né per forza difficile per far colpo sulla gente. La sincerità è sempre stata alla base di tutto, quindi quello che ne scaturisce è un insieme onesto di tutto quello che ascolto. Non mi sono mai voluta nemmeno prefissare nulla, scrivo musica semplice e diretta. Se piace, ovviamente sono dieci volte più contenta, ma comunque rimango dell’idea che scendere a compromessi per arrivare a quello scopo non sia la soluzione. Insieme lavoriamo sulla ricerca del suono per arrivare all’arrangiamento che più ci aggrada e che si cuce meglio su quel determinato pezzo”.
Quali sono i vostri riferimenti stilistici in ambito jazz e quali sono i musicisti del panorama contemporaneo a cui vi sentite più ispirati?
“Ho un problema gigante con Thom Yorke, spesso non riesco ad essere oggettiva: mi piace tutto quello che fa! Arca (Alejandra Ghersi) è stata una scoperta incredibile degli ultimi anni, produttrice/cantante/musicista geniale. Rosalia e Billie Eilish hanno portato una boccata d’aria fresca gigante. Scrivo i primi nomi che mi vengono in mente altrimenti la lista sarebbe troppo lunga: Johnny Greenwood, Tim Hecker, William Basinski, Bon Iver…”.
C’è spazio e interesse in Italia per il vostro genere musicale? E com’è invece la situazione all’estero?
“Insomma, in Italia è veramente difficile riuscire a portare in giro musica ‘crossover’, difficile da etichettare, di cui è quasi impossibile definire un genere preciso. Sicuramente (e fortunatamente) ci sono locali e rassegne che si occupano di organizzare concerti di questo tipo, ma rimane sempre comunque un ambiente più di nicchia. Stessa cosa per quanto riguarda la pubblicazione di un disco, situazione ancora più complicata. All’estero mi pare ci sia più voglia di rischiare, più ricerca e voglia di scommettere su musica e progetti meno canonici. Spesso la cosa più naturale che viene da fare è trasferirsi o provare ad entrare in contatto con etichette e realtà estere”.
Cosa vi ha portato a iscrivervi al Conad Jazz Contest e com’è stato competere con altri ragazzi che condividono la vostra stessa passione?
“Sono venuta a conoscenza del Conad Jazz Festival tramite amici che avevano partecipato alle edizioni degli anni precedenti. L’anno dopo mi sono detta… perché no? Ci siamo iscritti e alla fine è andata meglio di quanto pensassi! L’esperienza è stata super! Alla fine ci conoscevamo già tutti, praticamente. Umbria Jazz è sempre un momento dell’anno che mi piace vivere con gli amici e il Conad Jazz Contest è stata proprio la ciliegina sulla torta. C’è stato supporto da parte di tutti, per tutti! Dovrebbe essere sempre così”.
Come valutate la vostra esperienza a Umbria Jazz? Consigliereste ad altre band di partecipare?
“Avevo timore di suonare la mia musica in un contesto appunto più jazz, ma riscontri positivi ne sono arrivati tanti e quindi va bene così, sicuramente lo rifarei! Accorrete! Ripeto: io lo rifarei. Sono stata abbastanza convincente?”.